La micro-vinificazione sperimentale di Casale del Giglio: non solo uve autoctone ma anche uno dei rarissimi Tempranillo d’Italia

Casale del Giglio è oggi uno dei protagonisti di spicco del settore vitivinicolo nel Lazio, situato nel cuore dell’Agro Pontino, nella provincia di Latina, un territorio, fino agli inizi del 1900 ancora paludoso e compreso fra i Monti Lepini e gli Ausoni, il Mar Tirreno e il promontorio del Circeo. La storia dell’azienda inizia nel 1967, quando Dino Santarelli, originario di Amatrice, decise di esplorare le potenzialità vitivinicole di una regione fino ad allora poco considerata per la coltivazione della vite. La tenuta si estende a Le Ferriere, non lontano dall’antica città di Satricum e a circa 50 chilometri da Roma. La vicinanza al Mar Tirreno, con le sue brezze marine, gioca un ruolo cruciale nel conferire alle uve caratteristiche aromatiche uniche, accompagnandole fino alla piena maturazione. Oggi Casale del Giglio vanta 180 ettari di vigneti situati in una zona che per sua natura presenta terreni di origine vulcanica e alluvionale, con caratteristiche simili a quelli della zona di Bordeaux, che fino agli inizi del 1600 era anch’essa territorio paludoso.

A partire da metà degli anni Novanta, Dino Santarelli, insieme a suo figlio Antonio e ad un giovane Enologo trentino, Paolo Tiefenthaler, avvia un progetto di sperimentazione vitivinicola.

Tiefenthaler, che aveva iniziato in azienda lavorando solo tre varietà — Trebbiano, Sangiovese e Merlot — ha contribuito in modo significativo all’evoluzione della produzione aziendale, portando Casale del Giglio ai vertici del panorama vitivinicolo nazionale.

“Vigne, Ulivi & Nuvole”

Non c’è dubbio che la storia di Casale del Giglio è iniziata e continua ad essere centrata sulla sperimentazione.

Nel 1985, infatti, fu messa a dimora, una collezione varietale composta da 57 vitigni diversi su un unico appezzamento. L’obiettivo era quello di individuare le varietà maggiormente adatte al territorio, privilegiando quelle capaci di esprimere al meglio le peculiarità ed il valore intrinseco dell’area, senza essere influenzati dalle tendenze del mercato o dalla notorietà del vitigno stesso.


Le prime scelte si orientarono verso i vitigni Syrah e Sauvignon Blanc, a cui seguirono ulteriori selezioni di varietà internazionali come Merlot e Petit Verdot e Cabernet Sauvignon, originari di Bordeaux, Petit Manseng dalla Guascogna, e Viognier e Syrah dalla Valle del Rodano. Queste varietà si sono rivelate particolarmente idonee alle caratteristiche del Terroir dell’Agro Pontino, grazie anche all’influenza favorevole del microclima mitigato dalla brezza proveniente dal Mar Tirreno.

Infine, tra le varietà selezionate si aggiunse anche il Tempranillo.

Quest’ultima viene coltivata su un appezzamento di 5 ettari con una resa di 70 quintali/ettaro con degli ottimi risultati a livello qualitativo. Per rendere il prodotto più riconoscibile e accattivante al consumatore laziale è stato coniato il nuovo nome “Tempranijo” che richiama la forma dialettale romanesca del nome della varietà.

Oltre alle varietà internazionali, la ricerca ha permesso di riscoprire, in zone limitrofe, il potenziale delle varietà autoctone nel terroir laziale, tra queste, il Bellone, la Biancolella, il Pecorino e il Cesanese.

Proprio per rispettare la tipicità del terroir di ogni varieta’ e valorizzare al massimo il loro potenziale le quattro varietà autoctone non sono coltivate tutte nella stessa zona.

Il Bellone proveniva inizialmente da una superficie di circa 2.4 ettari nel comune di Anzio; successivamente la coltivazione è stata estesa presso Casale del Giglio (6 ettari). E’ di fatti un vitigno locale, diffuso nella zona dei Castelli Romani e lungo la costa tra Anzio e Nettuno ed è presente in numerose DOC laziali. Si tratta di una varietà antichissima, già nota in epoca romana e citata da Plinio il Vecchio con il nome di “uva pantastica”, cioè uva pane, in quanto consumata dai contadini del luogo insieme al pane.

“Grappolo di Bellone”

La Biancolella proviene dall’isola di Ischia ma è diffusa anche nell’entroterra campano e nelle isole di Ponza, Capri e Procida (è presente non solo in DOC campane ma anche in IGP della Sardegna, Puglia e ovviamente del Lazio). La prima citazione della varietà risale al 1867 da parte dello storico Giuseppe D’Ascia. E’ a Ponza che si trova il vigneto di Casale del Giglio che consta di circa 2 ettari in terrazzamenti a picco sul mare.

“Terrazzamenti di Biancolella a Ponza”

Infine il Cesanese, tipico delle zone adiacenti ai comuni di Affile e Olevano Romano tra le province di Roma e Frosinone. E’ proprio ad Olevano Romano che Casale del Giglio ha 2 ettari di vitigno Cesanese condotto a cordone speronato, su di un terreno calcareo vulcanico ad un’altitudine di quasi 500 metri s.l.m. La prima menzione della varietà risale al 1825 da parte dell’ampelografo Giuseppe Acerbi, uno dei maggiori ricercatori in ambito enologico che presso la casa di famiglia aveva una collezione di oltre 1.550 varietà di vite.

L’attuale produzione dell’azienda Casale del Giglio consiste in 1,7 milioni di bottiglie all’anno, di cui il 70% vendute a Roma e nel Lazio e offre una gamma di 23 prodotti, di cui 9 bianchi, 1 rosati e 8 rossi, oltre ad una vendemmia tardiva e a 3 grappe, di Shiraz, Petit Manseng e Petit Verdot, oltre ad un olio EVO

Tra i rossi si segnalano:

  • Mater Matuta: blend 85% Syrah e 15% Petit Verdot. Le uve di entrambe le varietà vengono raccolte al punto ottimale di maturazione, con un leggero appassimento per il Syrah, in alcuni casi. La vinificazione di ciascun vitigno segue tecniche distinte. Per il Syrah, la fermentazione avviene con lieviti indigeni utilizzando il metodo cosiddetto della steccatura o del cappello sommerso per un periodo di 18-20 giorni, durante i quali vengono eseguiti periodici “délestage”, in particolare nelle prime fasi del processo. Questo conferisce al Mater Matuta complessità, tannini morbidi e aromi intensi di marasca e spezie. Il Petit Verdot, invece, viene vinificato impiegando follatori, che favoriscono un’estrazione ottimale di tannini e composti polifenolici. Ne deriva un Petit Verdot dal corpo robusto e di grande struttura, ideale per lunghi periodi di invecchiamento. Dopo una delicata svinatura, effettuata sfruttando esclusivamente la forza di gravità per movimentare le vinacce, i vini vengono affinati separatamente in barriques nuove per un periodo di 22-24 mesi, seguito da un ulteriore affinamento in bottiglia per 10-12 mesi. Colore rosso rubino intenso, corpo pieno. Al naso emergono potenti sentori di viole e mirtilli. Il corpo denso e carnoso offre note di fichi, cuoio, cioccolato e un accenno di liquirizia e noce moscata. A differenza dei tipici vini a base di Syrah, il finale speziato lascia spazio a note fruttate estremamente rotonde. Il Mater Matuta 2020 è stato recentemente insignito dei Cinque Grappoli Bibenda 2025.


“Cantina di invecchiamento”

  • Tempranijo: da uve tempranillo che hanno raggiunto un livello di maturazione avanzato, talvolta con un leggero appassimento direttamente in pianta. Il processo di vinificazione inizia con una macerazione a freddo della durata di due giorni a una temperatura di 10°C, per favorire una maggiore estrazione degli aromi dalle bucce. La fermentazione spontanea procede in modo graduale, partendo da 16°C e arrivando fino a 24°C, per un periodo complessivo di 15-18 giorni. Durante questa fase, si utilizza il metodo del cappello sommerso, accompagnato da délestages periodici, per garantire un’adeguata ossigenazione dei lieviti. Successivamente, avviene una macerazione post-fermentativa sulle bucce, che si protrae per ulteriori 12-15 giorni, con l’obiettivo di massimizzare l’estrazione di tannini, caratterizzati da una naturale dolcezza e mai eccessivi in questa varietà. L’affinamento avviene parzialmente in tonneau di ciliegio, per una quota che varia tra il 15% e il 20% a seconda dell’annata, mentre il restante vino viene conservato in serbatoi di acciaio inox. Colore molto intenso, con profumi fruttati di lampone, ribes nero e accenni di sottobosco. Al palato si presenta ricco e concentrato, caratterizzato da sfumature speziate e fruttate, sostenute da una solida presenza di tannini morbidi e vellutati. Il finale è lungo e persistente, rendendolo particolarmente adatto a prolungati affinamenti in bottiglia. Il passaggio più breve o solo parziale nel legno lo rende più delicato e con tannini più morbidi rispetto ai vini spagnoli. Senza dubbio un esperimento molto ben riuscito nel produrre un vino di qualità da una uva praticamente non coltivata in Italia (si contano solo poco più di 20 ettari) e che rispetto ai classici vini di Tempranillo spagnoli risulta più versatile e adatto a più palati. Il Tempranijo 2022 ha ottenuto la Medaglia d’Oro all’ultima edizione del Concours Mondial de Bruxelles:


  • Matidia: da uve Cesanese provenienti da un vigneto trentennale allevato a cordone speronato, situato nella zona di Olevano Romano. Il suolo è di natura calcareo-vulcanica, con esposizione a est e altitudine di 500 metri sul livello del mare. La vendemmia avviene a metà ottobre, nel tardo autunno. La fermentazione sulle bucce si protrae per circa tre settimane, preceduta da una macerazione a freddo pre-fermentativa di 6-7 giorni a una temperatura di 8°C. Successivamente, ha luogo la fermentazione alcolica a temperatura controllata, con rimontaggi e follature per ottimizzare l’estrazione dei composti. Una volta completata la svinatura, il vino viene affinato per circa 12 mesi, suddiviso tra serbatoi in acciaio e tonneaux (botti di 400 litri). Colore rosso rubino intenso. Al naso e al palato emergono principalmente frutti rossi, con note di frutta scura sullo sfondo, accompagnate da sentori di legno, spezie terrose, fiori e note vegetali. Un vino ben equilibrato, con tannini decisi, secco, espressivo e con un lungo finale fruttato.

Tra i bianchi si segnalano:

  • Radix: da uve Bellone in purezza provenienti da un vigneto di Anzio con piante a piede franco di oltre 60 anni. La vinificazione inizia con una macerazione a temperatura ambiente (18°-20°C) all’interno di tonneaux da 400 litri, posizionati verticalmente e aperti nella parte superiore, per favorire una maggiore estrazione dalle bucce. La fermentazione alcolica, che avviene a contatto con le bucce, si protrae per circa due giorni, seguita da una pressatura soffice. Utilizzando lieviti indigeni, la fermentazione continua per circa due settimane sempre in tonneaux, dove il vino resta a contatto con le fecce nobili per un periodo di circa due anni, senza svolgere la fermentazione malolattica. Al termine di questo lungo affinamento, il vino viene trasferito in anfore, permettendo al Bellone di “respirare” e assimilare lentamente piccole quantità di ossigeno, raggiungendo così un equilibrio ottimale. Dopo essere stato illimpidito dai lieviti, il vino viene imbottigliato e affina per un minimo di sei mesi in bottiglia prima di essere commercializzato. Colore giallo paglierino con riflessi dorati. Al naso si presenta intenso e persistente, caratterizzato da note di fiori gialli e profumi tipicamente mediterranei, con sentori di frutta secca. Al palato è pieno, di grande centralità e lunga persistenza, sostenuto da una spiccata sapidità e una marcata mineralità; emergono inoltre note mentolate e resine, frutto dell’evoluzione del tannino. Il Radix è stato recentemente insignito per il secondo anno consecutivo del Faccino Doctorwine 95/100 e sarà inserito all’interno della “Guida essenziale dei Vini d’Italia 2025”, oltre ad aver ottenuto i Cinque Grappoli Bibenda 2025.



“Anfora per l’affinamento del Radix”

  • Faro della Guardia: da uve Biancolella che vengono processate con pressatura soffice di uva intera e successiva fermentazione spontanea a temperatura di 20° C. con lieviti indigeni. Affinamento sui lieviti per circa 7-8 mesi. Cristallino, di un giallo dorato tenue, con buona consistenza. Al naso emergono sentori di agrumi, fiori freschi, accenni iodati, acqua di fiori d’arancio e ginestra. Al palato risulta secco, con una discreta morbidezza, fresco e sapido, e dotato di una buona persistenza.

“Vendemmia manuale”

  • Satrico: Accurato assemblaggio delle migliori varietà bianche coltivate in azienda. Le uve vengono raccolte in una fase iniziale di maturazione, al fine di preservarne la freschezza e l’integrità aromatica. Dopo una rigorosa selezione, vengono sottoposte a una pressatura soffice, separando il mosto fiore dalle bucce. La fermentazione, caratterizzata da un ritmo lento ma costante, si svolge a temperatura controllata e si protrae per circa 7-8 giorni. Successivamente, il vino subisce i tradizionali travasi e completa la sua fase di affinamento in vasca, per poi essere imbottigliato all’inizio dell’anno successivo. Colore oro pallido, aromatico, con un pronunciato bouquet di ananas tropicale e note minerali. Al palato è secco, con alcol moderato, buona acidità e un’intensità di sapore marcata, con un finale lungo.
    Il Satrico 2023 è stato insignito della Gran Medaglia d’Oro all’ultima edizione del Concours Mondial de Bruxelles:

Grazie alla Famiglia Santarelli, è possibile assaporare i vini di Casale del Giglio accompagnati dai migliori piatti della cucina romana, nel cuore di Roma, in un’atmosfera che richiama la tradizione dei classici negozi “Vini & Olii” dei primi del Novecento.

A Piazza Capranica, infatti, si trova il ristorante “Collegio Bistrot”, situato nello stesso edificio dove nacque la Ditta “Berardino Santarelli & Figli”, segnando l’inizio della straordinaria avventura della Famiglia Santarelli nel mondo del vino.

La micro-vinificazione sperimentale di Casale del Giglio: non solo uve autoctone ma anche uno dei rarissimi Tempranillo d’Italia

Casale del Giglio è oggi uno dei protagonisti di spicco del settore vitivinicolo nel Lazio, situato nel cuore dell’Agro Pontino, nella provincia di Latina, un territorio, fino agli inizi del 1900 ancora paludoso e compreso fra i Monti Lepini e gli Ausoni, il Mar Tirreno e il promontorio del Circeo. La storia dell’azienda inizia nel 1967, quando Dino Santarelli, originario di Amatrice, decise di esplorare le potenzialità vitivinicole di una regione fino ad allora poco considerata per la coltivazione della vite. La tenuta si estende a Le Ferriere, non lontano dall’antica città di Satricum e a circa 50 chilometri da Roma. La vicinanza al Mar Tirreno, con le sue brezze marine, gioca un ruolo cruciale nel conferire alle uve caratteristiche aromatiche uniche, accompagnandole fino alla piena maturazione. Oggi Casale del Giglio vanta 180 ettari di vigneti situati in una zona che per sua natura presenta terreni di origine vulcanica e alluvionale, con caratteristiche simili a quelli della zona di Bordeaux, che fino agli inizi del 1600 era anch’essa territorio paludoso.

A partire da metà degli anni Novanta, Dino Santarelli, insieme a suo figlio Antonio e ad un giovane Enologo trentino, Paolo Tiefenthaler, avvia un progetto di sperimentazione vitivinicola.

Tiefenthaler, che aveva iniziato in azienda lavorando solo tre varietà — Trebbiano, Sangiovese e Merlot — ha contribuito in modo significativo all’evoluzione della produzione aziendale, portando Casale del Giglio ai vertici del panorama vitivinicolo nazionale.

“Vigne, Ulivi & Nuvole”

Non c’è dubbio che la storia di Casale del Giglio è iniziata e continua ad essere centrata sulla sperimentazione.

Nel 1985, infatti, fu messa a dimora, una collezione varietale composta da 57 vitigni diversi su un unico appezzamento. L’obiettivo era quello di individuare le varietà maggiormente adatte al territorio, privilegiando quelle capaci di esprimere al meglio le peculiarità ed il valore intrinseco dell’area, senza essere influenzati dalle tendenze del mercato o dalla notorietà del vitigno stesso.


Le prime scelte si orientarono verso i vitigni Syrah e Sauvignon Blanc, a cui seguirono ulteriori selezioni di varietà internazionali come Merlot e Petit Verdot e Cabernet Sauvignon, originari di Bordeaux, Petit Manseng dalla Guascogna, e Viognier e Syrah dalla Valle del Rodano. Queste varietà si sono rivelate particolarmente idonee alle caratteristiche del Terroir dell’Agro Pontino, grazie anche all’influenza favorevole del microclima mitigato dalla brezza proveniente dal Mar Tirreno.

Infine, tra le varietà selezionate si aggiunse anche il Tempranillo.

Quest’ultima viene coltivata su un appezzamento di 5 ettari con una resa di 70 quintali/ettaro con degli ottimi risultati a livello qualitativo. Per rendere il prodotto più riconoscibile e accattivante al consumatore laziale è stato coniato il nuovo nome “Tempranijo” che richiama la forma dialettale romanesca del nome della varietà.

Oltre alle varietà internazionali, la ricerca ha permesso di riscoprire, in zone limitrofe, il potenziale delle varietà autoctone nel terroir laziale, tra queste, il Bellone, la Biancolella, il Pecorino e il Cesanese.

Proprio per rispettare la tipicità del terroir di ogni varieta’ e valorizzare al massimo il loro potenziale le quattro varietà autoctone non sono coltivate tutte nella stessa zona.

Il Bellone proveniva inizialmente da una superficie di circa 2.4 ettari nel comune di Anzio; successivamente la coltivazione è stata estesa presso Casale del Giglio (6 ettari). E’ di fatti un vitigno locale, diffuso nella zona dei Castelli Romani e lungo la costa tra Anzio e Nettuno ed è presente in numerose DOC laziali. Si tratta di una varietà antichissima, già nota in epoca romana e citata da Plinio il Vecchio con il nome di “uva pantastica”, cioè uva pane, in quanto consumata dai contadini del luogo insieme al pane.

“Grappolo di Bellone”

La Biancolella proviene dall’isola di Ischia ma è diffusa anche nell’entroterra campano e nelle isole di Ponza, Capri e Procida (è presente non solo in DOC campane ma anche in IGP della Sardegna, Puglia e ovviamente del Lazio). La prima citazione della varietà risale al 1867 da parte dello storico Giuseppe D’Ascia. E’ a Ponza che si trova il vigneto di Casale del Giglio che consta di circa 2 ettari in terrazzamenti a picco sul mare.

“Terrazzamenti di Biancolella a Ponza”

Infine il Cesanese, tipico delle zone adiacenti ai comuni di Affile e Olevano Romano tra le province di Roma e Frosinone. E’ proprio ad Olevano Romano che Casale del Giglio ha 2 ettari di vitigno Cesanese condotto a cordone speronato, su di un terreno calcareo vulcanico ad un’altitudine di quasi 500 metri s.l.m. La prima menzione della varietà risale al 1825 da parte dell’ampelografo Giuseppe Acerbi, uno dei maggiori ricercatori in ambito enologico che presso la casa di famiglia aveva una collezione di oltre 1.550 varietà di vite.

L’attuale produzione dell’azienda Casale del Giglio consiste in 1,7 milioni di bottiglie all’anno, di cui il 70% vendute a Roma e nel Lazio e offre una gamma di 23 prodotti, di cui 9 bianchi, 1 rosati e 8 rossi, oltre ad una vendemmia tardiva e a 3 grappe, di Shiraz, Petit Manseng e Petit Verdot, oltre ad un olio EVO

Tra i rossi si segnalano:

  • Mater Matuta: blend 85% Syrah e 15% Petit Verdot. Le uve di entrambe le varietà vengono raccolte al punto ottimale di maturazione, con un leggero appassimento per il Syrah, in alcuni casi. La vinificazione di ciascun vitigno segue tecniche distinte. Per il Syrah, la fermentazione avviene con lieviti indigeni utilizzando il metodo cosiddetto della steccatura o del cappello sommerso per un periodo di 18-20 giorni, durante i quali vengono eseguiti periodici “délestage”, in particolare nelle prime fasi del processo. Questo conferisce al Mater Matuta complessità, tannini morbidi e aromi intensi di marasca e spezie. Il Petit Verdot, invece, viene vinificato impiegando follatori, che favoriscono un’estrazione ottimale di tannini e composti polifenolici. Ne deriva un Petit Verdot dal corpo robusto e di grande struttura, ideale per lunghi periodi di invecchiamento. Dopo una delicata svinatura, effettuata sfruttando esclusivamente la forza di gravità per movimentare le vinacce, i vini vengono affinati separatamente in barriques nuove per un periodo di 22-24 mesi, seguito da un ulteriore affinamento in bottiglia per 10-12 mesi. Colore rosso rubino intenso, corpo pieno. Al naso emergono potenti sentori di viole e mirtilli. Il corpo denso e carnoso offre note di fichi, cuoio, cioccolato e un accenno di liquirizia e noce moscata. A differenza dei tipici vini a base di Syrah, il finale speziato lascia spazio a note fruttate estremamente rotonde. Il Mater Matuta 2020 è stato recentemente insignito dei Cinque Grappoli Bibenda 2025.


“Cantina di invecchiamento”

  • Tempranijo: da uve tempranillo che hanno raggiunto un livello di maturazione avanzato, talvolta con un leggero appassimento direttamente in pianta. Il processo di vinificazione inizia con una macerazione a freddo della durata di due giorni a una temperatura di 10°C, per favorire una maggiore estrazione degli aromi dalle bucce. La fermentazione spontanea procede in modo graduale, partendo da 16°C e arrivando fino a 24°C, per un periodo complessivo di 15-18 giorni. Durante questa fase, si utilizza il metodo del cappello sommerso, accompagnato da délestages periodici, per garantire un’adeguata ossigenazione dei lieviti. Successivamente, avviene una macerazione post-fermentativa sulle bucce, che si protrae per ulteriori 12-15 giorni, con l’obiettivo di massimizzare l’estrazione di tannini, caratterizzati da una naturale dolcezza e mai eccessivi in questa varietà. L’affinamento avviene parzialmente in tonneau di ciliegio, per una quota che varia tra il 15% e il 20% a seconda dell’annata, mentre il restante vino viene conservato in serbatoi di acciaio inox. Colore molto intenso, con profumi fruttati di lampone, ribes nero e accenni di sottobosco. Al palato si presenta ricco e concentrato, caratterizzato da sfumature speziate e fruttate, sostenute da una solida presenza di tannini morbidi e vellutati. Il finale è lungo e persistente, rendendolo particolarmente adatto a prolungati affinamenti in bottiglia. Il passaggio più breve o solo parziale nel legno lo rende più delicato e con tannini più morbidi rispetto ai vini spagnoli. Senza dubbio un esperimento molto ben riuscito nel produrre un vino di qualità da una uva praticamente non coltivata in Italia (si contano solo poco più di 20 ettari) e che rispetto ai classici vini di Tempranillo spagnoli risulta più versatile e adatto a più palati. Il Tempranijo 2022 ha ottenuto la Medaglia d’Oro all’ultima edizione del Concours Mondial de Bruxelles:


  • Matidia: da uve Cesanese provenienti da un vigneto trentennale allevato a cordone speronato, situato nella zona di Olevano Romano. Il suolo è di natura calcareo-vulcanica, con esposizione a est e altitudine di 500 metri sul livello del mare. La vendemmia avviene a metà ottobre, nel tardo autunno. La fermentazione sulle bucce si protrae per circa tre settimane, preceduta da una macerazione a freddo pre-fermentativa di 6-7 giorni a una temperatura di 8°C. Successivamente, ha luogo la fermentazione alcolica a temperatura controllata, con rimontaggi e follature per ottimizzare l’estrazione dei composti. Una volta completata la svinatura, il vino viene affinato per circa 12 mesi, suddiviso tra serbatoi in acciaio e tonneaux (botti di 400 litri). Colore rosso rubino intenso. Al naso e al palato emergono principalmente frutti rossi, con note di frutta scura sullo sfondo, accompagnate da sentori di legno, spezie terrose, fiori e note vegetali. Un vino ben equilibrato, con tannini decisi, secco, espressivo e con un lungo finale fruttato.

Tra i bianchi si segnalano:

  • Radix: da uve Bellone in purezza provenienti da un vigneto di Anzio con piante a piede franco di oltre 60 anni. La vinificazione inizia con una macerazione a temperatura ambiente (18°-20°C) all’interno di tonneaux da 400 litri, posizionati verticalmente e aperti nella parte superiore, per favorire una maggiore estrazione dalle bucce. La fermentazione alcolica, che avviene a contatto con le bucce, si protrae per circa due giorni, seguita da una pressatura soffice. Utilizzando lieviti indigeni, la fermentazione continua per circa due settimane sempre in tonneaux, dove il vino resta a contatto con le fecce nobili per un periodo di circa due anni, senza svolgere la fermentazione malolattica. Al termine di questo lungo affinamento, il vino viene trasferito in anfore, permettendo al Bellone di “respirare” e assimilare lentamente piccole quantità di ossigeno, raggiungendo così un equilibrio ottimale. Dopo essere stato illimpidito dai lieviti, il vino viene imbottigliato e affina per un minimo di sei mesi in bottiglia prima di essere commercializzato. Colore giallo paglierino con riflessi dorati. Al naso si presenta intenso e persistente, caratterizzato da note di fiori gialli e profumi tipicamente mediterranei, con sentori di frutta secca. Al palato è pieno, di grande centralità e lunga persistenza, sostenuto da una spiccata sapidità e una marcata mineralità; emergono inoltre note mentolate e resine, frutto dell’evoluzione del tannino. Il Radix è stato recentemente insignito per il secondo anno consecutivo del Faccino Doctorwine 95/100 e sarà inserito all’interno della “Guida essenziale dei Vini d’Italia 2025”, oltre ad aver ottenuto i Cinque Grappoli Bibenda 2025.



“Anfora per l’affinamento del Radix”

  • Faro della Guardia: da uve Biancolella che vengono processate con pressatura soffice di uva intera e successiva fermentazione spontanea a temperatura di 20° C. con lieviti indigeni. Affinamento sui lieviti per circa 7-8 mesi. Cristallino, di un giallo dorato tenue, con buona consistenza. Al naso emergono sentori di agrumi, fiori freschi, accenni iodati, acqua di fiori d’arancio e ginestra. Al palato risulta secco, con una discreta morbidezza, fresco e sapido, e dotato di una buona persistenza.

“Vendemmia manuale”

  • Satrico: Accurato assemblaggio delle migliori varietà bianche coltivate in azienda. Le uve vengono raccolte in una fase iniziale di maturazione, al fine di preservarne la freschezza e l’integrità aromatica. Dopo una rigorosa selezione, vengono sottoposte a una pressatura soffice, separando il mosto fiore dalle bucce. La fermentazione, caratterizzata da un ritmo lento ma costante, si svolge a temperatura controllata e si protrae per circa 7-8 giorni. Successivamente, il vino subisce i tradizionali travasi e completa la sua fase di affinamento in vasca, per poi essere imbottigliato all’inizio dell’anno successivo. Colore oro pallido, aromatico, con un pronunciato bouquet di ananas tropicale e note minerali. Al palato è secco, con alcol moderato, buona acidità e un’intensità di sapore marcata, con un finale lungo.
    Il Satrico 2023 è stato insignito della Gran Medaglia d’Oro all’ultima edizione del Concours Mondial de Bruxelles:

Grazie alla Famiglia Santarelli, è possibile assaporare i vini di Casale del Giglio accompagnati dai migliori piatti della cucina romana, nel cuore di Roma, in un’atmosfera che richiama la tradizione dei classici negozi “Vini & Olii” dei primi del Novecento.

A Piazza Capranica, infatti, si trova il ristorante “Collegio Bistrot”, situato nello stesso edificio dove nacque la Ditta “Berardino Santarelli & Figli”, segnando l’inizio della straordinaria avventura della Famiglia Santarelli nel mondo del vino.